domenica 14 novembre 2010

Dea madre, il primo monoteismo al mondo

di Marcello Cabriolu

Il culto monoteista più antico del mondo ha lasciato tracce profonde sia sul territorio che nell’animo dei Sardi. Analisi di un rapporto uomo – divinità per molti versi differente da quello moderno.
Il culto della Dea Madre è testimoniato in Sardegna sin da epoca paleolitica. Il rinvenimento di diverse statuine, in varie località isolane, ci attesta che il culto della divinità femminile è stato tra le prime manifestazioni di monoteismo al mondo. I rinvenimenti di Macomer, Carbonia, Villamassargia e Cabras, statuette riproducenti la Dea che accompagnavano il sonno dei defunti nelle Domus, ci mostrano come durante il paleolitico superiore la Sardegna fosse culturalmente in linea con l’Europa continentale. I siti di Dolni Vestonice, nella Repubblica Ceca, e di Willendorf, in Austria, originavano, quasi contemporaneamente a Macomer (attorno al 24.000 B.P.), una statuetta di circa 11 cm riproducente una figura femminile dalle forme abbondanti.
Una constatazione straordinaria se si riflette sull’insularità della Sardegna Paleolitica, descritta come isolata in mezzo al Mare Mediterraneo, eppure così attiva dal punto di vista culturale e commerciale, come testimoniano le esportazioni di ossidiana.

Leggi tutto

8 commenti:

Maria Teresa Porcu ha detto...

questo intervento è molto stimolante, forse si può pensare alla Gimbutas e parlare di Dea e non solo di dea madre, per indicare che la divinità proteggeva il ciclo di vita - morte - rinascita e quindi tutti gli aspetti, maschili e femminili, della vita. rilancio con una suggestione (credo vi sia molta fantasia da parte mia): in una foto che mostra l'altare scoperto a Villagrande, vi sono dei simboli scolpiti: una tau arcuata e due cerchi ai lati che mi sembrano i simboli del maschile e del femminile insieme e, forse, potrebbero essere le prime lettere dell'alfabeto nuragico: A B...

Unknown ha detto...

@ Atropa
Beh sinceramente quelle che ho visitato sono state oggetto di verifica con la livella da muratore. Il risultato positivo mi ha spinto ad elaborare il principio di accumulo, successivamente ho avuto riscontro di ciò nei dolmen di Giovinazzo in Puglia e dulcis in fundo, ho trovato conferma di tale elaborazione nel testo di Atzeni:La Preistoria nel Golfo di Cagliari. Anche per lo scenziato è verosimile tale comportamento al fine di sopperire alla carenza d'acqua delle falde. Anche per Atzeni era diffusa la pratica di scavare le Domus direttamente in prossimità delle sorgenti o delle falde acquifere.
Saluti

Pierluigi Montalbano ha detto...

Gli dei sono parte integrante dell'umanità fin dagli albori della nostra storia. Ciò che gli antichi non comprendevano veniva tramutato in "evento voluto dagli dei". Così sole, luna, fulmini, tuoni...entrarono a far parte dell'ideologia religiosa. Poco prima del termine dell'ultima glaciazione, varie statuine rappresentanti una divinità femminile (la Dea Madre) iniziarono a comparire in Europa e nel Mediterraneo. Questa divinità era la rappresentazione dei desideri dell'uomo: riprodursi e far parte del ciclo della rinascita.
Non possiamo escludere che sole, luna, acqua e fuoco, facessero parte del panteon delle divinità, ma la loro rappresentazione non assumeva sembianze antropomorfe. Fino ai nostri giorni, i fenomeni naturali e gli astri sono stati divinizzati e, a pensarci bene, ciò che ci consente di esistere è racchiuso in sole, acqua e terra, i "veri Dei", nel senso che senza essi saremmo già scomparsi.
Racchiudere questi elementi in una sola divinità è ideologia moderna, frutto di una scelta fatta per motivi che non voglio commentare.
Personalmente ritengo che gli antichi videro bene cosa venerare, capirono quali astri e quali elementi erano indispensabili per la vita. I nuragici rientrava pienamente in quello che il mondo agricolo racchiude: sole, acqua e terra, racchiusi nel ciclo della vita. La fertilità del suolo (e della donna) era la fonte primaria di sopravvivenza delle comunità, e i riti che si svolgevano erano mirati a richiedere i favori delle divinità, per poterne godere nella quotidianità. Visto che in Sardegna abbiamo un culto degli antenati, un toro riprodotto nei suoi elementi essenziali (corna), un culto dell'acqua, uno del fuoco e le riproduzioni della Dea Madre in forma di statuetta...l'unico significato che si dovrebbe trarre è che il culto monoteista non era praticato. Diverso è accettare l'ipotesi che le divinità erano racchiuse in un singolo elemento (la Dea Madre).
Mi pare come proporre che i nuraghe avessero un'unica funzione, un pensiero che è frutto di forzatura ed è destinato, a mio parere, a scomparire presto.

zuannefrantziscu ha detto...

Da Giuseppe Mura

Ciao Marcello, mi convince l'interessante argomento ma non il concetto di monoteismo che attribuisci alla Dea Madre: è vero che rappresentava il simbolo della fertilità, tuttavia doveva pur esistere almeno un suo "paredro" che assicurasse la continuità della specie nel connubio divino, cioè "su babbai", rappresentato presumibilmente in vari modi

Giorgio Cannas ha detto...

brava m. teresa, hai individuato uno delle tante simbologie che la straordinaria civiltà nuragica ci ha tramandato. quel simbolo lo avevo (in foto) già da alcuni anni. altri simili gli abbiamo individuati in altre circostanze, il discorso si allungherebbe troppo, comunque sei nelle buona strada.

G. Cannas

Roberto Bolognesi ha detto...

Durante il paleolitico la Sardegna era molto meno "isola" che ora, ovviamente. Il livello del mare era molto più basso di quello attuale, data l'enorme quantità di acqua bloccata nei giacciai. Anche la Gran Bretagna era unita al continente e gran parte del Mare del Nord era una steppa piena di mammut. Raggiungere la Sardegna-Corsica dalla Toscana sarà stato relativamente facile, soprattutto se si tiene conto della presenza delle varie isole al largo della Toscana, che saranno state acnh'esse molto più estese. Quello che non capisco è come si possa parlare di monoteismo. Esiste qualche Bibbia paleolitica?

Unknown ha detto...

@ Maria Teresa

Analizzando i due conci della struttura di S'Arku 'e is Forrus la prima immagine che mi è venuta in mente è quella rappresentata nelle anse di un vaso, del Neolitico Antico, rinvenuto nella Grotta Verde di Alghero (Lilliu 1988 p.40) poi ancora il viso riprodotto sulla statuetta di Serra is Araus - San Vero Milis(Lilliu 1988 p.51). Forse si tratta di un ulteriore testimonianza sul fatto che il culto di origine paleolitica relativo alla Dea Madre ancora si osservava durante il Bronzo recente e Finale, epoca in cui verosimilmente venne edificata la struttura a Villagrande Strisaili.

In generale ho visto che un indirizzo monoteista ha lasciato scettici molti lettori.

@ Giuseppe
Si può osservare nei vari monoliti (Laconi, Sorgono, Tamuli ect. ect)che spesso la figura femminile viene completata con elementi maschili, quasi ad individuare un unica figura "androgina". Noi spesso tendiamo a identificare il Toro come maschile quando invece nelle altre culture mediterranee (e non solo) questo è il simbolo specifico della Dea Madre: la vacca sacra.
E' realistico elaborare che tutto ciò che non si poteva spiegare fosse stato considerato come divino ma credo che alla fine sia tutto ricondotto come generato per volere della Divinità. Mi spiego meglio: è spontaneo pensare che una pianta rappresenti una figura "divina" ma una volta che hai coltivato la pianta capisci che non è nata per qualcosa di "superiore". Puoi elaborare che se è venuta bene sia per il fatto che "qualcuno/a" abbia favorito questa crescita.

@ Roberto Bolognesi
Definisco il culto come un monoteismo per il significato scientifico del termine, indipendentemente se una quercia potesse essere considerata magica e una fonte "divina" o un antenato protettore. D'altronde il nostro culto attuale, il Cristianesimo, è considerato una religione monoteista nonostante si adorino comunque i Santi i Martiri e gli Angeli. Tutte queste figure vengono comunque poste gerarchicamente ad un livello inferiore rispetto alla figura di Dio come probabilmente lo furono in passato gli elementi a cui fa riferimento Pierluigi.

Saluti

Marcello

alberto areddu ha detto...

Mah ho dei dubbi che gran parte delle pietre "iconizzanti" sian fatte dall'uomo. Se fossero state fatte da uomini, costoro dovevano avere conoscenze notevoli di arrampicate. Si potrebbe sapere qualcosa della bibliografia scientifica in merito? Riguardo alla dea madre, anche qui forse c'è un equivoco linguistico, meglio sarebbe dire della "donna generante", che si identificava con le acque, con la fertilità del suolo. Così come doveva esserci una divinità "lontana" e alta, diciamo maschile, identificabile coi monti, le pietre fitte, i tuoni, la quercia. Credo ci fosse però una terza divinità: quella delle fonti e delle sorgenti (pensiamo ai petroglifi nelle pietre lì vicino), che probabilmente era incarnata, o aveva come epiclesi speciale la "giovinetta", come alcuni elementi linguistici da me rilevati farebbero sospettare.