venerdì 29 maggio 2009

A studiare l'epigrafia nuragica si scopre...

di Piero Zenoni

Continua con successo ad Oristano il corso di epigrafia nuragica tenuto dal professor Gigi Sanna. Nella seconda lezione, l’attenzione è subito rivolta all'analisi di alcuni riferimenti bibliografici che riportano ai secoli passati, quando si hanno le prime testimonianze di scritture o iscrizioni non interpretabili.
Scopriamo così che alcuni importanti studiosi avevano dato notizia di ritrovamenti di scritture non riconducibili agli alfabeti allora conosciuti. In particolare Zonchello S. A., nel suo "Il culto fallico in Sardegna e presso altri popoli della terra", ci da notizia del ritrovamento, presso il nuraghe Corbos (Silanus) di iscrizioni con segni definiti "geroglifici/punici" non traducibili. Anche il compianto prof. Sardella nel suo "Il sistema linguistico della civiltà Nuragica" ci da notizia che Erdas, nel suo libro "Sardigna"riferiva del rinvenimento presso il nuraghe Losa di analoghe iscrizioni (che il Sardella riconduceva ad un sistema cuneiforme).
Il Casalis (o meglio Angius che riporta la testimonianza) ci informa del ritrovamento , nei pressi di Nuralao, di un documento inciso su pietra con iscrizioni che nessuno dei "letterati" di allora fu in grado di tradurre.
Il panorama quindi si amplia; altri ricercatori e studiosi avevano evidentemente "intuito", nei secoli precedenti, la presenza di forme di scrittura non riconducibili al fenicio o latino, ma queste note in un modo o nell' altro furono lasciate cadere e non sufficientemente approfondite.
Ciò che emerge, quindi, è la scarsa conoscenza degli alfabeti pre-fenici ( es protosinaitico e paleocananeo) di molti archeologi, che privati di importanti strumenti di interpretazione, hanno avuto ed hanno tuttora difficoltà a riconoscere questi simboli come forme di scrittura.
Il ritrovamento delle cosiddette tavole di bronzo di Tzricotu ha in qualche modo rilanciato e legittimato nuove ricerche e approfondimenti sulla scrittura nuragica.
Molto interessante l’identificazione del simbolo "classico" fenicio-punico della Tanit come nuragico o, comunque fenicio arcaico. Rimarcando che proprio la presenza del simbolo della Tanit può aver spinto gli archeologi ad identificare frettolosamente i reperti come "Fenici".
Il coccio di Orani poi, che riporta segni simili a quelli della stele di Nora, fu prima ritenuto un falso, più per l’assioma "non può essere nuragico perché i nuragici non scrivevano" che per studi precisi, è ora riconosciuto ormai come autentico.
Il cosiddetto "brassard" di Is locci Santus, dove la presenza di alcuni segni simili ai numeri romani ha fatto prima pensare ad un reperto romano, è stato poi ricondotto addirittura al 13°- 14° secolo A.c. Esso riporta inciso inconfutabilmente un sistema di scrittura di rara bellezza e assoluta originalità. Da notare che il toro sulla lamina (facilmente riconoscibile dalle corna), venne addirittura interpretato come .... una pecora!!
Veramente bellissimo è il cosiddetto anello-sigillo di Pallosu (San Vero Milis), capolavoro con incisi ben 36 caratteri, esempio incredibile di microscrittura. Da questo importante ritrovamento, si deduce che i nuragici usassero sigillare e che quindi, verosimilmente, si scambiassero anche delle missive. Da questo anello inoltre, si deduce l' eccezionale capacità artistica di questo popolo, capace di scolpire statue "giganti" come quelle di Monti Prama come di lavorare o incidere i metalli con precisione assoluta.
Da segnalare anche il concio della chiesa Bosa, con la presenza di decorazioni a triangoli a vertici contrapposti, tipici della cultura nuragica, e il misterioso uccello in primo piano.
Una nota particolare merita il cosiddetto sigillo fittile di S. Imberia di Alghero, che un importante studioso definì "un manufatto nuragico ad imitazione di quelli orientali, ed infatti i segni grafici paiono lettere alfabetiche fraintese ". Fraintese ? E se fossero proprio così?
Ora aspettiamo con impazienza l’analisi particolareggiata dei reperti.

Un’ultima cosa denunciamo per il suo evidente interesse: i professori Zucca e Pettinato diedero notizia, tempo fa, del ritrovamento, a Villanovafranca, di un frammento in ceramica con segni cuneiformi.
Che fine ha fatto questo reperto? Sembra che nessuno sappia dare più informazioni a riguardo.
Nella foto: il sigillo di Su Pallosu

1 commento:

Anonimo ha detto...

Questo anello-sigillo sembra a tutti gli effetti tardo-antico o finanche medievale...